«Sono le 20.30. Troppo silenzio in questa cucina dove di solito la tua voce mi richiama all’ordine e mi sollecita coccole e pappa. Dove sei? Non è da te tardare all’appuntamento serale. Guardo tra le ombre del giardino ormai illuminato solo dai lampioni e dalle luci della strada. Non ti vedo, ma sei nero e non ti vedrei anche se tu fossi nascosto tra le piante a spiare i miei movimenti. So che non ci sei - me lo dice qualcosa nel profondo… Aspetto.
Non torni e il sospetto diventa certezza: ti è successo qualcosa. Lo so, lo sento. E cerco tra le case, ai bordi delle maledette strade di passaggio che riempiono di rumore e traffico la zona, sperando di trovarti, ma in fondo pregando di non trovarti steso immobile. E non ci sei. Telefono ai canili perché spero che qualcuno ti abbia raccolto e portato lì. Nulla. Anche la veterinaria cerca e chiede di te. Sembri sparito nel nulla. Giro con la tua foto in mano e fermo i bambini, che vedono tutto, e gli anziani, che hanno il tempo di osservare i particolari. Non ti hanno visto e “Poi lo hanno detto anche alla televisione che ad ognissanti i gatti neri li rubano….” NO, non è possibile! Non ricordavo Halloween e tu, amore peloso, sei una gatto nero. Continuo a girare con il terrore di non vederti mai più. La mia voce ti chiama sempre più forte. E anche il sabato sera arriva e la tua ciotola è sempre piena. Lascio la luce accesa sotto il portico e la tua coperta in giardino … comincia a far freddo. Magari anche tu hai festeggiato con la tua cricca di amici e poi torni. No, non prendiamoci in giro: sei un micione da casa e nemmeno le gatte hanno interesse per te.
La domenica passa. Triste, guardo fuori dalla finestra cercando di scorgere il minimo cenno di te. ”Ah, ma quando torni sentirai la ramanzina… però torna, dai fallo per me”. Lacrime.
Svuoto la ciotola. Ceniamo in silenzio, senza i tuoi occhi fissi sui nostri piatti in attesa di qualche concessione alla tua infinita golosità. E ora chiudo le persiane e soffoco le speranze di sentire il tuo naso umido che mi sfiora le caviglie.
IL RITORNO ....
Mi stendo sul letto e le allucinazioni continuano. Sono tre giorni che salto in piedi immaginando di sentirti miagolare. Ma stavolta non sono solo le orecchie a sentirti. Il mio cuore mi dice che ci sei e corro per le scale urlando che sei tornato da me, e tutti pensano che sono pazza, fino a che apro la porta e crolli sul pavimento. Magro, graffiato, sporco e sanguinante. Ma vivo.
Piango e non so che fare. Mi fissi immobile e miagoli in silenzio: non hai più...

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